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12PORTE - 9 gennaio 2014: La parola chiave della Liturgia di domenica è ancora "Epifania", cioè "manifestazione". E in particolare la nostra attenzione è focalizzata sul mistero del battesimo di Gesù al Giordano. Nella liturgia romana, questa festa è stata introdotta solo con la riforma liturgica, mentre la liturgia orientale ha un significato importantissimo. È tutta colpa dell'eresia ariana, che ha infestato le nostre terre per molti decenni, anche dopo il Concilio di Nicea. In poche parole l'arianesimo ritiene che Gesù non sia il Figlio unigenito di Dio, Dio come il Padre, ma una creatura speciale che è stata divinizzata. Vedete qui il mosaico del battistero degli ariani a Ravenna: dal becco della colomba esce un misterioso effluvio che avvolge un Gesù dalle spalle basse, che viene dall'occidente, cioè dall'uomo. Sembra dire: lui non è Dio, ma è stato rivestito di potenza divina. Nello stesso tempo il battistero della cattedrale, sempre a Ravenna, mostra Gesù che viene dall'Oriente, cioè da Dio, in una vera carne umana, mentre le acque, con un effetto bellissimo, si riempiono della luce della sua divinità. Sembrano dettagli sofisticati, ma non lo sono affatto. L'arianesimo è una tentazione molto diffusa anche tra i cristiani del nostro tempo, che trovano molto più comodo fare di Gesù semplicemente l'uomo migliore: si trasforma così il cristianesimo nella religione dei valori che riempiono la bocca: la religione della pace, della giustizia, del dialogo. Se Gesù invece è, come è, il Figlio di Dio, noi crediamo che la salvezza non è frutto di chiacchiere umane, ma della grazia di Dio e della nostra conversione. Se Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo, tutto cambia, perché Dio purifica i nostri cuori dal peccato e dalla morte e da creature fragili e mortali ci fa diventare, per grazia, figli di Dio. Delle due orazioni della liturgia di oggi, prendo la seconda che molto antica, che proviene dal sacramentario gelasiano. Eccone una versione letterale: O Dio, il cui Unigenito è apparso nella sostanza della nostra carne, ti preghiamo affinché per mezzo di lui che abbiamo conosciuto simile a noi dal di fuori, meritiamo di essere riformati dal di dentro. Un piccolo capolavoro di idee chiare nella fede e nella preghiera, giocato sui due avverbi foris e intus: dal di fuori e dal di dentro. Lo abbiamo conosciuto dal di fuori: sì perché la prima cosa che è apparsa di Gesù è la sua vera umanità e condotti dalla fede abbiamo riconosciuto la sua misteriosa identità: è l'unigenito del Padre. Unigenito: lui è generato, Dio da Dio. Non è una creatura. È Dio vero da Dio vero. E si è fatto simile a noi in tutto, vero uomo, eccetto il peccato. Per questa fede, che cosa chiediamo: di essere riformati dal di dentro. Qui ci sarebbe tantissimo da dire... ma devo essere telegrafico. Si parla di riforma, ma non di riforma della Chiesa. La Chiesa è santa: lo diciamo nel credo e chi non ci crede non è cristiano. Siamo noi, i cristiani, non la Chiesa, a dover essere riformati, perché lo spirito del mondo ci inquina e non abbiamo aderito ancora con tutto il cuore e con tutte le forze all'amore di Dio. La vera riforma si fa dal di dentro, non dal di fuori, perché l'unica riforma che conta è la conversione. Tutto il resto è importante finché si vuole, ma non è decisivo, perché i cambiamenti che contano cominciano "da di dentro". E per cambiare dentro, ci vuole la grazia di Dio. (don Andrea Caniato).