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12PORTE - 22 maggio 2014: La liturgia della VI domenica di Pasqua è segnata da una preghiera bellissima: deriva anch'essa dai più antichi testi della liturgia romana e questo è un tentativo di traduzione letterale, dal testo originale. Concedi a noi, o Dio onnipotente, di celebrare con assiduo affetto questi giorni di letizia che portiamo avanti in onore del Signore che risorge, affinchè ciò che ripercorriamo con la memoria, lo fissiamo nelle opere. Anzitutto c'è notiamo il modo suggestivo con cui si parla del contenuto di questi giorni di festa: non il Signore risorto (al passato), ma il Signore che risorge (un participio presente). Queste semplici parole esprimono tutta la consapevolezza che la liturgia cristiana non è una rievocazione di fatti passati, come una specie di corteo storico. È piuttosto il mistero della Pasqua che sempre si rinnova e si rende presente nella nostra vita. Gesù è il risorto, il vincitore della morte, ma la sua risurrezione continua ancora, per la forza dei sacramenti, nelle membra del suo corpo che siamo noi, che sono tutti i credenti. Chiediamo il dono di celebrare "con affetto assiduo". Il tempo di Pasqua è il tempo opportuno per celebrare con abbondanza i sacramenti pasquali, soprattutto l'Eucaristia, ma anche la penitenza. Spesso, magari anche durante la settimana e non tanto per via di un precetto da osservare. Chiediamo infatti che la nostra assiduità mostri un affetto profondo, un amore di tenerezza, di gratitudine, di comunione profonda. Con due rapide pennellate, la nostra preghiera annuncia il frutto che speriamo da questa celebrazione assidua e affettuosa: di fissare nelle opere ciò che percorriamo con la memoria. Molte cose si potrebbero segnalare: ne indico alcune. Notate i due verbi: percorrere e fissare. Una da l'idea di un cammino, di un percorso -- appunto -- l'altra da l'idea della stabilità. La memoria liturgica, che è una memoria riattualizzante -- come dicevamo -- ci fa ripercorrere i misteri di Cristo. Per questo abbiamo bisogno della Liturgia, soprattutto alla domenica. Ma la stabilità, la solidità, la robustezza di questo percorso ha la sua forza nella consistenza delle opere, cioè in quella vita nuova, che è la vita del risorto in noi. Notate che non chiediamo al Signore la grazia di comportarci bene. Perché il cristianesimo non è un sistema morale. Chiediamo la grazia di celebrare la Pasqua con una tale intensità di affetto e di disponibilità del cuore, che la nostra vita sia stabilita, fondata, rafforzata nel suo amore, sempre vivo e sempre nuovo.